Ad un anno dall’invasione russa in Ucraina continuiamo a urlare NO ALLA GUERRA!
La guerra è l’espressione più organizzata della violenza patriarcale, opporvisi significa non cadere nella trappola di dover scegliere tra i fronti imposti, tra potenze e nazionalismi in competizione.
Siamo un movimento transfemminista transnazionale e rifiutiamo il nazionalismo che alimenta il razzismo e il patriarcato, intensificando la violenza sui migranti con confini militarizzati e chiudendo gli spazi di libertà di donne e persone Lgbtq+ in nome della patria.
Siamo un movimento transfemminista antimilitarista e riconosciamo che la guerra e i suoi apparati sono anche la condizione strutturale del capitalismo ecocida, ne garantiscono la riproduzione e l’affermazione nei suoi momenti di crisi.
La violenza di questa guerra si somma a quella delle altre guerre in corso nel resto del mondo, dalla Palestina al Kurdistan per citarne solo alcune, e i suoi effetti globali stanno cambiando le nostre società, incidendo profondamente sulla produzione e sulla riproduzione sociale, intensificando la violenza patriarcale e razzista dentro e fuori i confini europei, indirizzando i piani di transizione ecologica verso lo sfruttamento di nuove fonti di combustibili fossili inquinanti, silenziando le nostre lotte.
In questo quadro globale la guerra in Ucraina sta accelerando l’uso di politiche migratorie sempre più discriminatorie e violente, creando livelli differenti di permessi, sfruttando le migranti ucraine come lavoratrici nella cura per rispondere ai bisogni di un welfare assente, chiudendo ulteriormente i confini e aumentando i respingimenti per l3 migranti che provengono da altri Paesi.
La guerra attraverso l’uso strumentale dei corpi cerca di ristabilire con la sua violenza ruoli e gerarchie razziste, basate sul genere e sulla classe.
Questa guerra è inseparabile dalle narrazioni che alimentano un clima di paura e assenza di speranza volto a normalizzare l’ennesima emergenza, a giustificare politiche repressive e di controllo e silenziare il dissenso di fronte a un peggioramento delle nostre condizioni di vita.
Mentre la crisi energetica e l’inflazione pesano sui salari e i costi della vita, l’aumento delle spese militari va di pari passo ai tagli su scuola, sanità e welfare, ci sono territori che pagano un prezzo altissimo in termini di sudditanza alle basi militari, inquinamento, aumento delle malattie nelle popolazioni limitrofe a basi e poligoni, si investe nella ricerca e produzione di armi e tecnologie, materiali e psicologiche, legato alla cosiddetta difesa e alla guerra.
L’invio sempre più massiccio di armi è una scelta interventista e atlantista che ci riguarda direttamente, che non sta ponendo fine al conflitto ma anzi sta contribuendo a un’escalation, mentre continua ad aleggiare la minaccia dell’utilizzo di armi nucleari.
Ci chiediamo che pace vogliamo affinché non sia una parola vuota al servizio di diversi nazionalismi, affinché non cancelli il fatto che l’Italia fa parte della NATO ed è già coinvolta in altri conflitti nel mondo, ben 42.
La violenza del patriarcato, del capitalismo, del razzismo, del colonialismo e degli stati nazione sono interconnesse e tutte si nutrono di guerra: abbiamo bisogno di un movimento contro la guerra, di una pace che non sia pacificazione.
Le guerre non scoppiano, vengono preparate. Lottare per la pace significa per noi lottare per cambiare la società che prepara la guerra come arma per la sua riproduzione.
Per questo, l’8 marzo scioperiamo e il 3 marzo saremo al fianco dello sciopero del clima.
Siamo con le donne, le persone lgbtiaq+ e le popolazioni che non vorrebbero morire né far morire di guerra, che resistono come possono, che fuggono, che rifiutano la violenza maschile e omolesbobitransfobica, il razzismo, gli attacchi ai diritti sul lavoro e al welfare, la devastazione ambientale, in Ucraina, in Russia, in Polonia, in Italia, in Iran, in Turchia, in Kurdistan, in Palestina, ovunque.
Scioperiamo ovunque contro la violenza patriarcale e contro tutte le condizioni che la alimentano.
Scioperiamo ovunque per la fine dell’uso dei combustibili fossili, usati come pretesto per le guerre, per la giustizia climatica e ambientale.
Scioperiamo ovunque contro l’economia di guerra per il dirottamento dei fondi dalle spese militari alle politiche sociali.
Scioperiamo ovunque contro la guerra
STRIKE THE WAR