Report Assemblea nazionale Non una di meno del 6 febbraio 2021

I numeri sulla violenza ‒ che nel giorno 6 febbraio, data della nostra Assemblea nazionale, si sono aggravati con il femminicidio di Ilenia Fabbri a Faenza ‒ come le statistiche sui licenziamenti e la ‘perdita’ obbligata del lavoro, e l’intensificazione dello sfruttamento di chi sta continuando a lavorare confermano l’assoluta urgenza del nostro percorso, la necessità di riprenderci lo spazio di parola per la trasformazione radicale dell’esistente

In questi mesi abbiamo visto rinnovarsi il conflitto tra essenziale e non essenziale, dove non essenziale è considerata l’autodeterminazione per la quale noi insieme stiamo lottando in tutto il mondo. Abbiamo visto nel modo più evidente la dimensione strutturale della violenza, anche perché la divisione sessuale del lavoro fa ricadere proprio sulle spalle delle donne le mancanze strutturali del sistema. Nei tavoli della scorsa settimana abbiamo avuto la conferma che NUDM continua a essere un punto di riferimento per chi tutti i giorni combatte contro la violenza maschile, di genere e dei generi, che continua a essere un soggetto trainante della lotta in questa crisi, ma anche che è necessario un processo condiviso che metta in comunicazione la rabbia e l’ostinazione delle nostre lotte quotidiane.

L’8M quest’anno accade alla vigilia del possibile sblocco dei licenziamenti e con la partita del Recovery Plan tutta aperta. Il governo dei competenti è un tentativo di depoliticizzare quello che per noi è un terreno di lotta aperto e cruciale, perché non ha niente di temporaneo ma anzi consoliderà l’infrastruttura neoliberale, patriarcale e razzista della società, ancora una volta giustificandola con la retorica della resilienza e dell’eroismo. L’altra faccia dei cosiddetti investimenti competitivi sarà un aumento della precarietà e dello sfruttamento. In questo nuovo contesto, la sfida dello sciopero femminista e transfemminista è di aprire una lotta sul terreno della redistribuzione della ricchezza, per un welfare che risponda ai nostri bisogni, per strumenti di autonomia economica per uscire dalla violenza e dal ricatto, per attaccare i patrimoni di chi in questi mesi non ha fatto altro che accrescere i propri profitti sfruttando il nostro lavoro e obbligandoci a scegliere tra lavoro e salute, tra lavoro e formazione, tra lavoro e giustizia climatica, tra lavoro e liberazione dalla violenza. È fondamentale battersi per la libertà di movimento, perché le migranti stanno pagando un prezzo altissimo in questa crisi e perché la battaglia per rompere il nesso tra permesso di soggiorno, lavoro e famiglia che intensifica la violenza e lo sfruttamento è una lotta transnazionale. Affermare la necessità di socializzare la cura contro il suo modello di organizzazione patriarcale, contro le sue pratiche binarie e patologizzanti, contro gli attacchi alla nostra libertà riproduttiva e la sua stigmatizzazione, contro la precarizzazione e lo sfruttamento di chi lavora nella cura giustificato dall’ideologia della ‘missione’. Dobbiamo ribaltare questo modello di sviluppo distruttivo dell’ecosistema e dell’ambiente. Dobbiamo sostenere la lotta delle sex-workers che non sono state solo duramente colpite dalla crisi, ma hanno anche portato avanti in questi mesi pratiche di resistenza e continuano a farlo verso l’8M. Mentre sta scadendo il piano contro la violenza governativo attivato cinque anni fa, dobbiamo sostenere l’iniziativa dei CAV, dei consultori e degli spazi femministi e transfemministi sempre più sotto attacco. La riproduzione sociale è per noi oggi più che mai un terreno di lotta

Sappiamo che lo sciopero generale è una sfida ardua in questo momento, per le condizioni materiali in cui ci troviamo e per le limitazioni che colpiscono i lavori essenziali, che non hanno però impedito la moltiplicazione delle lotte, degli scioperi, il protagonismo delle donne e delle libere soggettività, che ancora oggi si sono mobilitate nelle Marche contro l’ennesimo attacco alla nostra libertà e autodeterminazione proveniente dalle istituzioni regionali. Queste lotte e questi scioperi dobbiamo metterli in comunicazione e amplificarli, per dare il segno che ‘non siamo sole’. È necessario ancora una volta un appello ai sindacati a proclamare e sostenere sciopero femminista e transfemminista [leggi la lettera aperta LINK], mentre continueremo a sostenere quelle delegate e lavoratrici che hanno già cominciato a mobilitarsi per lo sciopero, così come connetterci con tutte le lotte in corso nel lavoro, su giustizia climatica ed ecosistemi, contro il razzismo, per l’aborto, l’autodeterminazione delle persone trans e delle libere soggettività.

Oggi ci siamo fatte delle domande per costruire insieme l’8M, sapendo che questo è uno snodo fondamentale di una mobilitazione che dovrà continuare, perché lo dobbiamo pensare come laboratorio di resistenza femminista contro il neoliberalismo. Come innovare le pratiche dello sciopero, muovendoci sempre su tutti i piani dello sciopero femminista e transfemminista: produttivo e riproduttivo, dei/dai consumi, dei/dai generi, per rifiutare i ruoli e i comportamenti che questi ci impongono e vengono messi a valore nella società capitalistica? Quali pratiche per chi cura ed è curato? Come rivolgerci anche a chi ha perso il lavoro, chi fa lavoro informale, nero, chi fa smart working e si trova a svolgere simultaneamente il lavoro salariato e quello riproduttivo e di cura? Rispondendo a queste domande, oggi sono state indicate pratiche di sciopero della DAD, capaci di sfidare le limitazioni alla possibilità di scioperare che sono state introdotte anche nella scuola, e forme di ‘disconnessione’ dalle attività didattiche e lavorative condotte in remoto, anche nell’Università, e lezioni in piazza, forme di sciopero dallo smartworking e iniziative che non siano solo la sottrazione dal lavoro, ma anche l’individuazione di altre pratiche che riempiano il tempo e lo spazio dell’8M quando l’interruzione dal lavoro non è possibile. È stata indicata la possibilità di usare lo spazio online, che ha mostrato tutta la sua dimensione ‘reale’ in questa pandemia, per immaginare pratiche di sciopero per chi non può scioperare. Coinvolgere le donne che lavorano nei settori cosiddetti essenziali per noi è fondamentale anche se sappiamo che non sarà affatto facile, ma mai come in questo momento è necessario rompere l’isolamento, quello domestico e quello lavorativo, e costruire momenti collettivi.

Dai tavoli sono uscite molte proposte e non riportiamo tutte quelle che sono state indicate nei report [LINK], che ci permettono di coordinarci e valorizzare pratiche comuni di avvicinamento all’8M. Si sono aggiunte a queste proposte di avvicinamento allo sciopero dell’8M pratiche di autoinchiesta nella scuola per attivare campagne di comunicazione delle istanze e delle voci che provengono dalla scuola, inchieste che esprimano le nostre posizioni e i nostri bisogni in merito a ciò che intendiamo per ‘ricostruzione’ e qual è la nostra idea di ricostruzione, interventi e azioni nei supermercati per lanciare messaggi in direzione dello sciopero, presa di parola sui social costante verso l’8M ‒ come i video per rispondere alla domanda ‘sciopero perché’, una giornata il 14 febbraio sulla violenza e momenti di discussione come quelli che sono già previste in diverse città (violenza online e diffusione non consensuale di immagini intime [LiNK?], manifesto EAST — Essential Autonomous Struggles Transnational, connessione con i CAV), o ancora assemblee tematiche per discutere di alcuni luoghi e momenti cardine dello sciopero, proposte di sanzionamento fucsia delle big corporations e multinazionali, diffusione nello spazio pubblico di video e immagini. Perché riconosciamo la necessità di condividere le pratiche e parole chiave. Assumiamo una data collettiva di lancio dello sciopero e del countdown di avvicinamento il 26 febbraio, riconoscendo comunque l’importanza di dare visibilità fin da subito all’organizzazione dello sciopero e al lancio dell’8M, pensando anche a una conferenza stampa simultanea in tutti i territori; possibili obiettivi comuni delle iniziative (come Confinustria e i tribunali o in modo diverso le RSA) e piazze pubbliche e zone fuxia, organizzate come sempre per permettere la partecipazione in sicurezza e in chiave antiabilista, che siano un punto di riferimento per tutte le persone che stanno scioperando e che quel giorno lotteranno insieme a noi.

È infine fondamentale tenere al centro dell’organizzazione il piano transnazionale, non solo perché il Recovery Plan ha una dimensione europea ma anche per l’importanza della comunicazione e l’organizzazione con coloro che tengono aperta la lotta contro le politiche patriarcali, razziste e neoliberali e vivo il movimento dello sciopero. Per questo è importantissima la partecipazione all’assemblea transfronteriza del 7 febbraio, anche per riportare il lavoro dei tavoli e dell’assemblea di oggi.

Questa forza transnazionale è necessaria per caricare ancora di più la parola sciopero di tutta la sua urgenza, anche se in questo presente pandemico sarà ancora più difficile praticarlo, in tutte le forme attivate dal movimento femminista e transfemminista. Ma in ogni lotta, in ogni momento di piazza l’8M e non solo l’8M dobbiamo avere la capacità di ribadire che il nostro sciopero è essenziale. Che proprio perché il nostro lavoro e la nostra vita sono essenziali per la produzione e riproduzione di questa società, è ancora più vero che se ci fermiamo noi si ferma il mondo. Essenziale è il nostro sciopero, essenziale è la nostra lotta!

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