LA TOSCANA, L’IVG FARMACOLOGICA E L’APPLICAZIONE DELLA 194

toscanagenerale

Durante l’emergenza COVID-19, abbiamo assistito su tutto il territorio nazionale a forti disservizi e carenze in materia di IVG e non solo, dovuti a una forte pressione praticata su un sistema sanitario già martoriato.

Nonostante la nostra regione si attesti a livelli di obiezione di coscienza tra i più bassi d’Italia, 6 medici su 10 si rifiutano di praticare aborti, e l’IVG farmacologica rappresenta solo il 28% delle IVG totali. [1]

In questi duri mesi di lockdown si sono moltiplicate le esperienze di mutuo aiuto e solidarietà transfemminista di Non una di Meno, in Toscana ma non solo. [2]

Dopo mesi a fianco di chi ha avuto pessime esperienze nel proprio percorso di aborto volontario (attese lunghissime, reparti IVG trasferiti in altri ospedali con scarsa comunicazione alle utenti, servizi temporaneamente sospesi a causa della mancanza di personale, consultori chiusi) [3] il movimento di Non Una di Meno ha lanciato la campagna “SOS aborto”. Quattro semplici richieste nate dall’emergenza ma fondamentali per il futuro, al fine di rendere realmente applicabile la 194 e garantire la libertà di scelta tra l’IVG farmacologica e quella chirurgica. [4]

È di poche settimane fa la notizia della risoluzione approvata dalla regione Toscana per la concretizzazione del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. Nello specifico, nella risoluzione approvata è scritto che la Giunta Regionale si impegnerà a:

  1. Realizzare, tempestivamente, la riorganizzazione e riqualificazione della rete consultoriale e a implementare pratiche e modelli innovativi anche attraverso la realizzazione di strutture intermedie in tutte le zone sociosanitarie della Toscana;
  2. Garantire l’IVG farmacologica nei poliambulatori e nei consultori;
  3. Assicurare nei presidi ospedalieri la presenza di almeno il 50 per cento del personale medico e sanitario non obiettore, al fine di garantire la piena applicazione della l194/1978 e tutelare altresì le professionalità di dette figure, così come richiesto in ambito europeo;
  4. Prevedere, nel caso di situazioni di grave carenza strutturale di personale medico non obiettore, l’indizione di concorsi pubblici con specifica indicazione, tra i requisiti per la partecipazione, della necessaria disponibilità a svolgere tutte le specifiche funzioni in applicazione della 194/1978;
  5. Verificare che le aziende sanitarie locali assicurino il rispetto dei parametri sopraindicati, anche attraverso la mobilità del personale obiettore così come previsto dall’articolo 9 della 194/1978;
  6. Avviare una fase di sperimentazione che preveda l’allungamento della tempistica limite per l’IVG farmacologica fino alle nove settimane, così come dalle indicazioni più recenti della letteratura scientifica;
  7. Prevedere che, a ogni struttura pubblica o privata, presidio ospedaliero e/o consultorio, sia concesso l’accreditamento solo qualora la struttura stessa applichi pienamente quanto previsto dalla 194/1978.

Meravigliose intenzioni che tanto ci ricordano la millantata delibera sulla contraccezione gratuita che si sarebbe dovuta applicare senza alcun aumento dei fondi ai consultori, e che difatti al momento è parzialmente applicata in alcune città -quelle in cui i consultori si sono fatti carico autonomamente delle spese- e inapplicata in altre.

Crediamo che questo sia un passo importante che deve essere seguito da concreti interventi attuativi che rendano praticabile quanto richiesto e che diano a tali azioni carattere di permanenza non legato all’emergenza Coronavirus. Un’azione che possa dare l’esempio ad altre regioni in cui l’IVG farmacologica non è nemmeno contemplata, e permetta finalmente la sperimentazione delle interruzioni volontarie di gravidanza nei consultori, che potrebbero tornare ad essere spazi delle donne e assicurare un servizio di IVG farmacologica uniforme, di qualità, con una maggiore appropriatezza clinica e organizzativa, alleggerendo gli ospedali e scavalcando l’obiezione di coscienza dilagante.

Vogliamo sottolineare come questo importante passaggio si sia potuto raggiungere solo grazie alla lotta e alla mobilitazione costante di tante donne e del movimento femminista che non ha mai cessato di porre con forza la questione della libertà di scelta- libera maternità e libero aborto- nelle piazze, nei presidi, nelle azioni di sciopero e di protesta portate avanti ininterrottamente.

Questa mobilitazione costante e incisiva, che non ha mai mancato di denunciare i tanti limiti nell’accesso a all’IVG, ha imposto alla politica di dare una risposta a quanto è stato portato avanti con mobilitazioni di massa, radicate nei territori e nelle coscienze di tutte le soggettività che si battono per l’autodeterminazione

Come nodi territoriali toscani di Non Una di Meno ci impegneremo a monitorare la reale applicabilità di questa risoluzione, facendo divulgazione tra le utenti, mantenendo uno stretto rapporto con le operatrici e gli operatori sanitari e denunciando pubblicamente possibili disservizi. Noi continueremo a far sentire la nostra voce e la nostra protesta, senza fare sconti a nessuno e senza permettere che sui nostri corpi, sulle nostre scelte, sulle nostre lotte si giochino campagne elettorali.

Continueremo a batterci con le nostre pratiche, forti della crescita di un movimento che negli ultimi anni ha riconquistato le piazze in modo potente. Ci mobiliteremo perché la libertà di scelta possa essere realmente esercitata senza gli ostacoli di sempre, e quindi contro l’obiezione di coscienza, contro il taglio dei consultori e dei presidi sanitari, contro la presenza finanziata dei prolife nei consultori, per l’autodeterminazione, per la tutela della salute, per l’accesso alla contraccezione e all’aborto, sia chirurgico che farmacologico.

La strada è quella giusta, l’obiettivo è l’aborto libero, gratuito e senza barriere per tutt*.

Non Una di Meno Empoli, Firenze, Livorno, Lucca, Mugello, Siena, Pisa, Obiezione Respinta.

Alessandria: https://casadelledonnealessandria.it/2020/05/07/apre-lo-sportello-non-sei-sola/

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26 giugno-Nudm: Torniamo nelle Strade! Ci tolgono il tempo, riprendiamoci tutto!

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Fin dall’inizio dell’emergenza da Covid-19 abbiamo sottolineato come questa crisi non fosse uguale per tutt* e così purtroppo è stato. La pandemia ha esasperato le disuguaglianze, lo sfruttamento e le violenze determinate dal sistema capitalista, patriarcale e razzista nel quale viviamo e che, quotidianamente, colpiscono le nostre vite.

La violenza domestica è aumentata moltissimo durante il lockdown, mentre i centri antiviolenza hanno cercato di continuare a garantire supporto alle donne che vi si rivolgono, nonostante le difficoltà imposte dal distanziamento sociale e dalla mancanza strutturale di finanziamenti. Tantissime persone si sono ritrovate senza lavoro e senza reddito, tra cassa integrazione in ritardo di mesi, bonus di 600 euro assolutamente insufficienti, nessun tipo di sussidio per tutti i lavori in nero e non riconosciuti. Nei settori considerati come “essenziali”, dalla sanità ai servizi sociali, dalla sanificazione alla grande distribuzione, dalla logistica alle troppe fabbriche rimaste aperte, tantissime donne si sono trovate spesso senza dispositivi di protezione individuale, mettendo a rischio la propria salute e quella delle persone a loro vicine in cambio dei soliti salari bassissimi, accompagnate dalla retorica che le voleva “eroine” o “angeli” e pronte a sacrificarsi per il paese con il sorriso.

Razzismo e sessismo istituzionali si rendono evidenti nell’ultimo provvedimento del governo: una sanatoria che esaspera le condizioni di ricattabilità in cui versano le donne e le soggettività migranti, la cui unica possibilità di regolarizzarsi è vincolata all’arbitrio di chi da anni le sfrutta nei campi o in casa con contratti precari o in nero.

L’epidemia, il sovraccarico del sistema sanitario, la chiusura delle scuole a tempo indeterminato, l’estensione indefinita dei tempi di lavoro causata dal ricorso allo smart working hanno moltiplicato esponenzialmente il carico di lavoro produttivo e riproduttivo che pesa sulle nostre spalle. Come si può lavorare da casa mentre ci si prende cura di una persona malata o anziana e bisogna seguire figlie e figli nella didattica a distanza? Come si può tornare a lavoro con turni spalmati su orari impossibili, mentre ancora non si sa se e come riapriranno le scuole a settembre? Queste domande non hanno trovato risposte, ad eccezione del tanto richiamato bonus baby sitter, che argina solo temporaneamente il problema e produce ulteriore lavoro precario e sottopagato per altre donne.

Non possiamo più parlare di emergenza: le conseguenze di questa pandemia saranno pesanti e stabili e stiamo già sperimentando nelle nostre vite le conseguenze di questa crisi.
Nonostante il distanziamento sociale, sappiamo che non siamo sole, ma parte di una lotta che in tutto il mondo si oppone alla violenza maschile e di genere, al razzismo e allo sfruttamento in casa e sul lavoro. L’epidemia del Coronavirus non ci ha costrette al silenzio. Le donne e le soggettività dissidenti, le persone migranti e razzializzate hanno continuato e continuano a scioperare e a ribellarsi alla violenza con cui ci vorrebbero zittire, rimettere al nostro posto, ancorare ai ruoli che ci sono imposti e che noi invece rifiutiamo.

Ora è tempo di riprenderci le strade, la visibilità, la parola che hanno provato a toglierci. È tempo di urlare tutta la nostra rabbia per annunciare che non accettiamo che la ricostruzione e la convivenza con il Covid-19 avvengano al prezzo del nostro sfruttamento, dell’intensificazione della divisione sessuale del lavoro e del razzismo.Con attenzione e cura per la salute di tutte e tutti, il 26 giugno torniamo in piazza in tantissime città.

Di fronte alle conseguenze di questa crisi e alla nuova insopportabile normalità che annuncia, non rimarremo in silenzio!

¡Juntas somos más fuertes!

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LA PILLOLA RU486 È ANCORA UN TABOO. PERCHÉ L’ABORTO FARMACOLOGICO FA COSÌ PAURA?

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In molti Paesi, le donne scelgono di effettuare un aborto farmacologico perché meno invasivo e più “privato” dell’aborto chirurgico. La somministrazione di mifepristone (RU486) e di prostaglandine ha il vantaggio di non richiedere un intervento chirurgico e di non rendere indispensabile l’ospedalizzazione, al contrario del metodo karman, del raschiamento e delle altre forme di isterosuzione. Questi ultimi interventi vengono in genere praticati in day hospital, tuttavia si tratta di veri e propri interventi chirurgici.
In Italia, l’utilizzo della pillola RU486 viene ostacolato a livello procedurale. Introdotta soltanto nel 2009, la pillola abortiva può essere somministrata fino al 49esimo giorno di gestazione e solo in regime di ricovero ospedaliero ordinario di tre giorni, fatta eccezione per 8 regioni in cui si è deciso di sperimentare il regime day hospital. Come riportato dall’ultima relazione del Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194, queste restrizioni non permettono una vera libertà di scelta tra i due tipi di intervento, attestando l’aborto farmacologico a circa il 20% delle IVG totali, percentuale nettamente in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei come, ad esempio, Inghilterra e Svezia dove le IVG farmacologiche rappresentano, rispettivamente, il 60% e il 90% delle IVG.
Il ricovero ospedaliero di tre giorni risulta quindi essere un enorme ostacolo alla diffusione dell’IVG farmacologica per le numerose difficoltà che si presentano a chi ne vuole fare ricorso. Il day hospital previsto per le IVG chirurgiche rende infatti più facile l’accesso a questa operazione a tutte coloro che non possono permettersi di richiedere più di un giorno di permesso dal lavoro o che hanno altri impegni o scadenze legate alla propria famiglia o alle proprie vite. Inoltre, in molti ospedali, la turnazione del personale medico-sanitario può portare alla difficoltà di incontrare in due momenti differenti operatori o operatrici non-obiettori addetti alla somministrazione delle due pillole abortive (prima il Mifepristone e poi la prostaglandina).

In linea con quanto già avviene da una decina d’anni in altri paesi europei e in fase sperimentale in alcune regioni italiane, chiediamo che sia introdotta la possibilità che la pillola RU486 possa essere dispensata in day hospital e in regime ambulatoriale!

Perché in Italia l’aborto farmacologico fa così paura? Perché la sua diffusione tutela l’autodeterminazione e la libertà di scelta di chi vuole decidere come abortire ed alleggerisce il lavoro dei medici non obiettori negli ospedali pubblici.
SOS ABORTO!

Una campagna di: Non Una di Meno, Obiezione Respinta, IVG Ho abortito e sto benissimo

Scarica la grafica in pdf a cura di Non una di meno Roma