
L’università libera la fanno le studentesse e gli studenti che la attraversano.
È passato un anno dallo scorso 8 marzo, giorno in cui il movimento transfemminista Non Una Di Meno indiceva uno sciopero generale, sulle tematiche del lavoro produttivo, riproduttivo e di cura, ampiamente partecipato in Italia e organizzato in più di 50 Paesi nel mondo.
Dopo un anno il movimento raccoglie nuovamente la sfida e lo fa con uno strumento in più: un Piano Femminista contro la violenza maschile sulle donne, elaborato dal basso dalle stesse soggettività che ogni giorno vivono sulla propria pelle l’oppressione di genere. Si parte da sé, dalle singole specificità, per arrivare ad un’analisi complessa della realtà che vede una stretta relazione anche con la classe e la razza, e che prende in considerazione gli stereotipi, per decostruirli.
Non una di Meno prenderà parte allo sciopero dentro l’università anche quest’anno. In quanto luogo di formazione e riproduzione delle dinamiche sociali, essa può e deve avere un ruolo determinante nella decostruzione di una cultura profondamente segnata da maschilismo, omo- e trans-fobia, sessismo, disuguaglianza sociale, dal momento che è in questa sede che si formano tutte le soggettività che andranno a ricoprire ruoli chiave nel mondo della formazione e della ricerca, compresi i/le docenti di ogni ordine e grado. Queste considerazioni diventano fondamentali nel momento in cui osserviamo che gli elementi in questione sono permeati profondamente nella nostra società e investono dunque anche le relazioni e il lavoro accademici.
Per questo, la mattina dell’8 marzo attraverseremo la città universitaria. Lo faremo tutte insieme, perché il movimento globale delle donne ha il coraggio di parlare, la forza di rompere il velo di silenzio, che avvolge le molestie e la violenza sui posti di lavoro e nei luoghi della formazione. #MeToo l’abbiamo detto in tante, #WeToogether sarà la risposta dello sciopero femminista!
Per unire le tante voci del #MeToo nella forza collettiva del #Wetoogether!
Per questo, l’8 marzo:
Scioperiamo perché reputiamo insufficiente il metodo di didattica frontale, generatrice di competizione piuttosto che di cooperazione, rivendicando come buona pratica l’autoformazione per la costruzione di un sapere critico.
Scioperiamo perché la questione dell’autonomia dell’università e di tutta la ricerca, termine che negli ultimi decenni ha assunto una valenza funzionale alla svolta neoliberale, alla quale invece noi dobbiamo ridonare un significato potente, funzionale allo smantellamento di un sistema gerarchico e patriarcale e alla produzione di saperi critici.
Scioperiamo perché il sapere e la ricerca devono essere libere, pubbliche e fruibili a tutt*. Per fare questo sappiamo quanto fondamentali siano i finanziamenti pubblici che le istituzioni devono, seriamente, destinare all’università, alla ricerca e alla formazione, muovendosi, però, non a seguito dei diktat del mercato, ma in nome di una reale qualità dei saperi e della ricerca.
Scioperiamo perché riteniamo che una produzione e diffusione di sapere critico richieda necessariamente degli avanzamenti e delle trasformazioni in materia di finanziamenti e loro gestione, accesso agli studi universitari e alla ricerca, forme e contenuti degli ultimi e modalità di definizione dell’offerta formativa.
Scioperiamo perché il definanziamento dell’università pubblica, accompagnato ad una “licealizzazione” ad esso funzionale, ha infatti depauperato drasticamente l’offerta formativa degli atenei, blindando i percorsi formativi e limitando l’accesso alla ricerca. Richiediamo inoltre che lo stanziamento di tali finanziamenti avvenga secondo criteri ragionati collettivamente da tutta la comunità accademica.
Scioperiamo perché l’accesso agli studi, alla ricerca e ai ruoli di docente, la componente delle donne, così come quella dei/delle migranti e più in generale della classe più svantaggiata è chiaramente ostacolata dall’assenza di reali misure che garantiscano il diritto allo studio e dalla generale carenza di welfare e servizi che va ad incidere in modo maggiore e particolare sulle vite delle donne.
Scioperiamo perché intendiamo contrastare i processi di femminilizzazione del lavoro su cui si regge l’università e per di riportare al centro il ruolo fondamentale del sapere contro tutte le forme di sfruttamento e discriminazione. È necessario attivare una riflessione sul lavoro all’interno dell’università, sui tirocini formativi che devono essere innanzitutto pagati o rimborsati e assolutamente ripensati, dato che spesso il loro carattere didattico viene meno. Fondamentale è risignificare il concetto di produzione di soggetti, ragionare sul tema del lavoro riproduttivo, nonché riflettere su che cosa vuol dire riproduzione delle istituzioni formative.
Scioperiamo perché vogliamo mettere a critica la retorica del merito e della valutazione propostaci dalle istituzioni, che produce individualizzazione e stratificazione sociale e di classe mettendo in competizione studenti/esse, ricercatori/rici e lavoratori/trici.
A questo noi contrapponiamo la richiesta di welfare, servizi e di borse di studio. Al criterio della meritocrazia opponiamo quello dell’accessibilità.
Scioperiamo perché fino ad oggi la femminilizzazione dei saperi e del lavoro è stata l’espressione del nuovo assetto neoliberale, il quale ha portato alla dismissione dell’istituzione pubblica e all’assoggettamento diffuso al precariato di tutte quelle figure che sono il corpo vivo dell’università, vedi la riforma Gelmini che ha ridotto l’istruzione superiore a mera produzione di forza lavoro precaria e settorializzata. Ribaltando il significato, “femminilizzare” il discorso sui saperi per noi deve significare invece creare ed estendere un metodo nuovo e femminista che sia trasversale e qualifichi tutti gli ambiti dell’università, della ricerca e della formazione.
Scioperiamo perché i saperi non devono essere confinati dentro steccati disciplinari e a maggior ragione i saperi di genere non possono essere confinati in un perimetro non connesso e non trasversale a tutte le discipline. Gli studi femministi, intersezionali, proprio in quanto tali non devono essere ghettizzati e ridotti a quote di rappresentanza nella logica delle pari opportunità, che non fa altro che depotenziarne la forza trasformativa.
Una delle pratiche che proponiamo è quella dell’autoformazione, ovvero una modalità di studio collettivo che ha come obiettivo primario la creazione di un sapere critico in grado di analizzare la società e le sue contraddizioni e che ci permetta fin da subito di entrare in relazione con il territorio circostante. L’università non deve essere più intesa come una realtà a sé stante, neutra, ma anzi un luogo direttamente collegato alla società e al tessuto metropolitano in cui è inserita.
Vogliamo sostituire al concetto di competitività e individualizzazione dello studio quello della cooperazione, convint* che è solo dal confronto, dallo scambio e dall’elaborazione condivisa di idee che ci si può realmente formare. Questo nella pratica significa creare momenti di studio collettivo all’interno dei corsi, in cui la trasmissione del sapere passi attraverso una relazione costante e produttiva tra student*, dottorand*, ricercator*, docent* e tutte le figure che vivono l’ambito universitario.
L’8 marzo ci convochiamo tutte: donne, lesbiche, trans e corpi femminilizzati del mondo, per propagare il virus dell’insubordinazione. Ci convochiamo nuovamente con una misura di forza e un grido comune per il prossimo 8 marzo del 2018: noi scioperiamo.
#MeToo #WeToogether #NonUnaDiMeno
