Le donne curde dicono NonUnaDiMeno! NeYekJiKem!

La storia delle donne ci insegna che la lotta per l’autodeterminazione non ha confini.

L’applicazione dello Stato d’emergenza in Turchia, da parte di Recep Tayyip Erdogan e del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp), ha portato, in modo più che naturale e prevedibile, all’inasprimento della repressione verso ogni forma di opposizione politica, sociale e civile, che si è tradotto in un sempre più crescente aumento della violenza contro le donne.

Foto dell'azione davanti l'Ufficio di informazione e cultura dell'Ambsciata di Turchia
Foto dell’azione davanti l’Ufficio di informazione e cultura dell’Ambsciata di Turchia: “L’autodeterminazione non ha confini. Solidarietà con le donne in lotta contro il regime turco #nonunadimeno #NeYekJiKem

 

Solo dal tentato colpo di stato militare del 15 luglio, sono state/i arrestate/i più di duecento politici del Partito Democratico dei Popoli (Hdp).

L’esperienza delle co-presidenze nelle municipalità turche del Bakur, che garantiva la parità di genere nel dispositivo della rappresentanza, è stata dichiarata illegale.

Contemporaneamente, sono state oscurate e censurate quasi tutte le reti televisive e agenzie stampa di opposizione (in totale 146, quelle in lingua curda in particolare).

Ciò che non può essere trascurato da parte dell’informazione e della solidarietà internazionale, oltre alla violenza della repressione e delle torture subìte nelle strutture detentive dai prigionieri politici, è la tendenza al ritorno di una politica conservatrice e nazionalista , che priva delle libertà personali e vorrebbe depenalizzare i crimini contro i diritti umani:

In un paese che conosce già una fortissima presenza di medici obiettori nelle strutture ospedaliere e una rilevante, oltre che preoccupante, percentuale di spose bambine, sarebbe stato ancor più raccapricciante l’approvazione della proposta di legge della Corte Costituzionale, che depenalizzava il reato di stupro su minore e annullava il provvedimento in base al quale, chi è giudicato colpevole del reato di pedofilia debba scontare una pena di almeno sedici anni di prigione.

Ci uniamo alle voci delle donne scese in migliaia, in questi giorni,  davanti al Parlamento ad Ankara, che ieri hanno impedito a questa proposta di legge assurda di ottenere il consenso popolare e politico che Erdogan si sarebbe auspicato per l’approvazione, portando il governo a ritirarla.

Notiamo in questo stato di cose, un sempre più forte accerchiamento attorno ai diritti e alle libertà delle donne, che se nel giro di pochi anni, sono state protagoniste dell’elaborazione e della messa in pratica di nuove forme di costruzione e rappresentazione nella società turca, in questi mesi stanno subendo attacchi sui quali, i movimenti femministi oltreconfine non possono tacere.

Con grande ammirazione abbiamo osservato i percorsi tracciati dalle donne curde e turche verso la liberazione e l’autodeterminazione, parti integranti del processo di pace sulla questione curda, avviato solo due anni fa e ora messo in pericolo dalle politiche di Recep Tayyip Erdogan.

Per questo motivo, da Roma a Diyarbakir, ci uniamo alle voci del sit-in per la riapertura del KJA, il Congresso delle Donne Libere chiuso dal Ministero degli Interni turco questo 12 novembre, così come alle voci delle giornaliste dell’agenzia stampa Jinha, la prima agenzia stampa di donne del Medioriente, chiusa questo 16 novembre.

Per farlo, riprendiamo il messaggio rilasciato dalla co-presidente dell’HDP, Figen Yüksekdağ, in questo momento detenuta: “Nonostante tutto, non possono distruggere la nostra speranza o spezzare la nostra resistenza. In carcere o no, l’HDP e noi, siamo ancora l’unica opzione della Turchia per la libertà e la democrazia. Questo è il motivo per il quale ci temono tanto. Non demoralizzatevi, non uno o una sola di voi, non abbassate la guardia, non indebolite la vostra resistenza. Non dimenticate che questo odio e aggressione ha le sue radici nella paura. L’amore e il coraggio vinceranno sicuramente.”

Parole preziose anche per noi. #versoil26N

#NonUnaDiMeno #NiUnaMenos #NeYeJiKem

UIKI: Violenza contro le donne a tutti i livelli. Resistere insieme contro il fascismo, ora più che mai!

da Uikionlus

In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza maschile sulle donne nella quale ricordiamo l’assassinio delle tre antifasciste Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal il 25.11.1960 nella Repubblica Dominicana, chiamiamo tutte le donne del mondo a resistere contro la violenza, il fascismo e lo sfruttamento.

Ogni momento in cui una donna resiste contro la violenza e l’oppressione è un momento nel quale rivive la storia delle innumerevoli lotte delle donne. Ogni luogo nel quale le donne resistono contro la violenza e lo sfruttamento è un luogo in cui divampa lo spirito combattivo delle donne di tutto il mondo.

Che sia la violenza tra le proprie quattro mura, che è apparentemente inosservata, o la violenza di criminali di guerra, soldati, mercenari di Stati terroristi o imprese davanti agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, l’obiettivo è di rendere le donne arrendevoli, di spezzare la resistenza delle donne per poterle sfruttare meglio!

A Kobane le donne si sono organizzate per costruire attivamente una società nuova fondata sulla democrazia dal basso e liberata dai ruoli di genere. Si sono organizzate anche per difendere queste nuove strutture sociali contro una rete di mercenari reazionaria e nemica dell’umanità. A Shengal le donne yezide si sono organizzate per non essere di nuovo esposte senza protezione a un brutale femminicidio/genocidio come il 3 agosto 2014. Perché allora hanno visto che né i peshmerga, né l’esercito irakeno, né la US-Army che in Iraq di sicuro osserva ogni metro quadro, le hanno difese. Tutte e tutti abbiamo potuto seguire come solo le e i combattenti auto-organizzati/e delle YGJ e YPG sono corsi in aiuto a yezide e yezidi e hanno salvato la vita a migliaia di loro.

Che la violenza e la resistenza delle donne a questo livello guerresco sia in un chiaro nesso con la violenza contro le donne all’interno della società, possiamo riconoscerlo anche dal fatto che lo Stato turco – che in Siria come in Iraq vuole far valere interessi di grande potenza – in questo mese ha fatto chiudere molteplici progetti di donne. Ci mostra chiaramente che anche la violenza domestica deve impedire alle donne di organizzarsi, di opporre insieme resistenza – contro la propria oppressione e contro lo sfruttamento di altri e altre, contro il fascismo e il colonialismo.

Per una forte auto-organizzazione delle donne!
Salutiamo voi donne in tutto il mondo, nelle carceri, quelle statali così come quelle sociali!
Sappiamo che lì molte oppongono quotidianamente resistenza, anche se spesso non arriva all’esterno.

Viva la resistenza delle donne in tutto il mondo! Rendiamo visibile la nostra resistenza!

Con questo spirito ci troviamo in piazza il 26 novembre a Roma!

Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia – UIKI Onlus

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